21 febbraio 2019

L'infermiere e i suoi reati: la responsabilità infermieristica attraverso l'analisi delle sentenze giuridiche




di Marzia Ferrario (1), Anna Sponton (2)

(1) Infermiera Unità Operativa Cardiologia Interventistica - IRCCS Centro Cardiologico Monzino, Milano
(2) Assistente SITRA - IRCCS Centro Cardiologico Monzino, Milano

Introduzione

Tutto ciò che fino ad oggi l’infermiere ha acquisito e conquistato in termini di autonomia, competenza e responsabilità è frutto di un’evoluzione normativa e formativa, che ha continuamente ridefinito il ruolo dell’infermiere per adeguarlo ai cambiamenti del contesto sociale, culturale, scientifico, etico e politico/economico.
Nel processo di assistenza, l’infermiere è l’attore che identifica i bisogni del paziente, pianifica, interviene e prende tutte le decisioni necessarie a garantire le migliori prestazioni assistenziali. La responsabilità professionale viene valutata sulla base di come l’infermiere persegue questo suo ruolo: se il suo comportamento è conforme alle norme giuridiche, ai regolamenti interni, al contesto organizzativo; se utilizza in modo adeguato le competenze e le abilità acquisite, ma soprattutto se è adeguato il suo agire professionale, ossia quel comportamento che deriva, consapevolmente o meno, da un sistema di principi etici.

Inoltre l’infermiere è portatore, insieme agli altri professionisti sanitari, di due principi che vengono fortemente presi in considerazione nella valutazione della responsabilità professionale: il principio di garanzia e il principio di affidamento. La posizione di garanzia nei confronti dei pazienti rappresenta l’obbligo giuridico di preservare e tutelare la salute contro qualsiasi pericolo per tutto il tempo in cui questi sono affidati alla loro cura e assistenza. Secondo invece il principio di affidamento, ogni professionista è responsabile della corretta esecuzione delle attività che gli sono affidate e può confidare sull’adempimento da parte degli altri dei doveri che gli spettano, senza avere l’obbligo di impedire che questi realizzino comportamenti pericolosi o condotte inadeguate.
A fronte di tali premesse giuridico-deontologiche, si è cercato di esplorare a tuttotondo le responsabilità che coinvolgono il professionista infermiere.
Obiettivo
L’obiettivo è creare un quadro dei principali reati che hanno coinvolto gli infermieri, in Italia, nell’ultimo decennio, attraverso la lettura delle pronunce degli organi giudicanti, mostrando come i concetti di responsabilità ed autonomia siano princìpi sempre più effettivi e come sia fondamentale un agire corretto e consapevole basato su solide conoscenze teoriche e pratiche.
Metodi e strumenti
È stata condotta un’analisi critica delle sentenze ed ordinanze degli organi giudicanti tramite la consultazione delle banche dati giuridiche “De Jure” ed “Altalex” e dell’archivio ufficiale della Corte di Cassazione: “SentenzeWeb”.
La ricerca è stata condotta tra ottobre 2016 e gennaio 2017, prendendo in esame le sentenze pronunciate tra il 2005 e il 2016.
Le decisioni della Corte di Cassazione sono state accuratamente vagliate per estrapolare le informazioni necessarie a creare un quadro generale dei principali reati che hanno coinvolto gli infermieri, delle caratteristiche dell’operatore sanitario e dei luoghi in cui i reati sono stati commessi.
Risultati
La ricerca effettuata ha prodotto 1051 risultati, di cui 993 sentenze e 58 ordinanze.
La scelta di includerle o meno nell’analisi è stata realizzata grazie alla lettura del cosiddetto “Motivo in fatto”, requisito formale delle pronunce giuridiche, che contiene una sommaria esposizione dell’evento e dei soggetti coinvolti nel processo.
Questa ha portato all’esclusione di 931 documenti, risultati non pertinenti allo scopo della revisione in quanto in alcune pronunce, l’infermiere, non ricopre il ruolo di imputato, ma di persona informata sui fatti; in altre, invece, viene tratto a giudizio per reati commessi non nell’esercizio della sua funzione o non verso i pazienti.
Sono quindi state prese in considerazione le restanti 120 decisioni civili e penali, di cui 114 sentenze e 6 ordinanze, attraverso le quali è stato possibile dare visione dell’evoluzione e dell’aumento dell’autonomia e della responsabilità dell’infermiere, nonché esaminare le caratteristiche dei reati, degli elementi temporali e spaziali dell’evento e dei soggetti coinvolti.
Da ogni sentenza/ordinanza è stato tratto il numero identificativo, l’anno della pronuncia limitato all’arco temporale dal 2005 al 2016 e il tipo di decisione che può essere di condanna, assoluzione o estinzione. È stato rilevato il tipo di reato e ricercata la condotta, colposa o dolosa, che l’ha causato.
In ambito penale il reato più frequente è quello di omicidio colposo (30%), seguito dal peculato (15,5%), dalla violenza sessuale (13,6%) e dalle lesioni personali colpose (10,9%) (Figura 1).
Anche in ambito civile il reato che vede maggiormente coinvolto l’infermiere è quello di omicidio colposo con il 58%. Il restante 42% delle osservazioni è suddiviso in parti uguali tra omicidio volontario, esercizio abusivo di professione, rifiuto/omissione di atti d’ufficio, somministrazione di farmaci guasti e pregiudizio per l’incolumità della persona e della sicurezza.
Il 52,3% dei delitti penali è stato compiuto con colpa, di cui il 49,2% esclusivamente di tipo generica, quindi con negligenza, imprudenza e/o imperizia e il restante 3,1% aggiunge a queste la non osservanza di linee guida, protocolli o procedure (colpa specifica). Il dolo riveste il 47,7% delle osservazioni (Figura 2). 


Figura 2 - Distribuzione degli elementi soggettivi del reato penale

In ambito penale in relazione alla colpa il 64,2% dei reati è stato commesso con negligenza, il 29,5% con imprudenza e il 6,3% con imperizia. Questi dati racchiudono anche i casi in cui il singolo reato è stato commesso con condotte diverse contemporaneamente.
In materia civile dalle rilevazioni effettuate, l’elemento soggettivo del reato che prevale è quello della colpa che si è manifestato nel 67% dei casi, mentre il dolo è emerso nel 33% delle osservazioni. In tutte le sentenze la condotta colposa è stata di tipo “generica” e ha prevalso la negligenza del professionista sanitario.
Sono stati inoltre analizzati gli elementi temporali e spaziali del reato che racchiudono l’anno dell’evento, la collocazione geografica regionale e provinciale, il tipo di struttura sanitaria, il reparto e il turno di lavoro.
Il 68% dei reati penali sono stati commessi in Ospedale; il restante 32% è ripartito tra Clinica privata (9%), RSA (4%), Comunità protetta ad alta assistenza, Servizio sanitario, Urgenza/Emergenza-118 e Casa di riposo (3%), ASL/ASP, Centri di Riabilitazione, Casa circondariale e Domicilio (2%) e in un solo caso in Caserma e all’INAIL.
Anche dall’analisi delle sentenze civili emerge un netto coinvolgimento delle strutture ospedaliere (82%) a discapito delle altre strutture sanitarie.
In ambito ospedaliero i reparti maggiormente coinvolti sono la psichiatria per l’Area di Salute Mentale dove frequente è il reato di Violenza Sessuale; il reparto di Medicina per quanto riguarda l’Area Medica; la Sala Operatoria e il Pronto Soccorso per l’Area Critica, la Chirurgia e l’Ortopedia per l’Area Chirurgica e infine la Pediatria per l’Area Materno-Infantile. In ambito civile prevale il Pronto Soccorso.

Figura 3 - Distribuzione dei reati penali nelle aree sanitarie
Aree Sanitarie
Percentuale
Area Medica
27.7
Area Critica
26.2
Area Salute Mentale
13.8
Area Chirurgica
12.3
Area Materno Infantile
10.8
Area Riabilitativa
4.6
Area dei servizi diagnostici
3.1
Area dei servizi ambulatoriali
1.5
Nel presente lavoro è stata anche analizzata la frequenza dei reati in relazione ai turni lavorativi che generalmente si distribuiscono su tre periodi: mattina, pomeriggio e notte. A questi si affianca spesso il cosiddetto turno di giornata ricoperto soprattutto dal Coordinatore Infermieristico e da alcuni infermieri preposti anche ad attività organizzative (Figura 4).

Figura 4 - Distribuzione dei reati per turni lavorativi
Turni lavorativi
Percentuale
Mattino
1.3
Pomeriggio
16.3
Notte
40.0
Giornata
4.0
Reiterato su tre turni
38.7
Le regioni in cui sono risultati più frequenti i reati penali, in base alle sentenze ed ordinanze rilevate, sono la Sicilia e la Lombardia; dato che andrebbe confrontato con la popolazione di ogni regione. Nel cartogramma sono specificate le frequenze percentuali per ogni singola regione dei reati commessi dall’infermiere. In Valle d’Aosta non è stato riscontrato nessun caso.

Figura 5 - Distribuzione per regione dei reati

 

Tra le sentenze civili la Regione prevalsa è l’Emilia-Romagna, seguita da Lazio e Piemonte.
In merito alle caratteristiche dei soggetti coinvolti i dati selezionati sono stati il titolo professionale dell’infermiere, il sesso e l’età al momento del giudizio.
Dalle sentenze ed ordinanze esaminate sono state rilevate le caratteristiche dei professionisti infermieri coinvolti nei processi penali.
Il coordinatore infermieristico è stato il soggetto del processo penale nel 4% delle osservazioni, mentre il restante 96% è ricoperto dall’infermiere.
Contrariamente alle aspettative, essendo la professione infermieristica prettamente femminile, la distribuzione delle frequenze rispetto al genere si differenzia di poco tra i due sessi, facendo addirittura prevalere quello maschile, con il 51%, rispetto a quello femminile, con il 49%. Questo dato va ricondotto all’alta frequenza dei reati dolosi rilevati, tra cui quello di violenza sessuale.
Analizzando solo i reati commessi con colpa, le attese di prevalenza del sesso femminile vengono confermate, anche se la differenza nella distribuzione resta ridotta. Le donne hanno commesso il 60% dei reati colposi, mentre il genere maschile il 40%.
Le età invece sono state raggruppate in quattro classi ed è stato rilevato che per le classi estreme, dai 30 ai 39 anni e oltre i 60 anni, la frequenza è minore e rispettivamente del 10,1% e 14%; segue con il 17,8% la classe dai 50 ai 59 anni, mentre la distribuzione maggiore, con il 21,7%, si evidenzia dai 40 ai 49 anni. Alcune banche dati giuridiche non mostrano per scelta diverse informazioni della sentenza e per questo è stata inserita la voce “Non rilevato” che rappresenta il 21,7%; Sono invece sempre “Oscurate” le generalità dell’imputato che commette particolari tipi di reato, come la violenza sessuale.
Conclusioni
Con il rafforzamento della formazione, delle competenze e con la consapevolezza acquisita dalla professione, i concetti di responsabilità e autonomia sono divenuti più effettivi. Questo è visibile anche nelle pronunce degli organi giudicanti che hanno visto l’infermiere coinvolto in diversi reati proprio per il ruolo da professionista che ricopre.
Dalla casistica è emerso come il ruolo dell’infermiere non si sia consolidato in modo lineare e chiaro subito dopo l’emanazione della normativa sull’esercizio professionale e l’abolizione del mansionario. In una molteplicità di sentenze i giudici ritenevano ancora gli infermieri dei meri esecutori delle disposizioni mediche, dei soggetti privi di pensiero critico e autonomia.
Questo rifletteva l’orientamento della società e talvolta del personale sanitario non infermieristico delle strutture stesse.
La giurisprudenza ha invertito la sua interpretazione e ribaltato molti giudizi di assoluzione, adendo nelle motivazioni alle competenze e responsabilità che anche l’infermiere ha in ambito clinico-assistenziale. Si legge come sia portatore di analisi critica e autonomia professionale e valutativa, di come sia un soggetto formato e competente e non più subordinato alla figura medica. L’infermiere è a tutti gli effetti parte dell’équipe sanitaria e completamente coinvolto nella tutela del paziente. Come gli altri professionisti, ricopre una posizione di garanzia, un obbligo costituzionalmente riconosciuto di protezione del paziente da eventi dannosi e pericolosi e di salvaguardia della salute per tutto il turno di lavoro.
La ricerca effettuata ha poi permesso di rilevare diverse criticità nei riguardi della condotta dell’infermiere. I comportamenti principali che portano al centro di un processo riguardano omissioni nella rilevazione di segni e sintomi, mancanze dell’allerta del medico di guardia, errori nella somministrazione e gestione della terapia, nonché gli si attribuisce spesso una “culpa in vigilando”.
L’omicidio colposo e le lesioni personali colpose rappresentano i reati in cui l’infermiere è ormai più coinvolto e questo è dovuto in particolare ad una negligenza e ad una sottovalutazione non solo dei pazienti e delle situazioni clinico-assistenziali, ma anche del proprio ruolo e della posizione ricoperta.
Circa il 48% dei reati penali analizzati sono stati compiuti con dolo, quindi con la volontà di ledere e creare un danno ad un paziente.
Violenza sessuale, maltrattamenti, circonvenzione di incapace, concussione… sono tutti delitti purtroppo presenti nelle strutture sanitarie. Questi sono compiuti da soggetti la cui qualifica professionale è quella di “infermiere”, ma che sono in antitesi con i concetti deontologici che connotano la professione, con la promozione del bene per il paziente e con il prendersi cura degli altri.
Un agire consapevole è essenziale e necessario in ogni attività clinico-assistenziale che l’infermiere svolge; da quelle più “semplici” come l’apposizione di una mezza spondina o la rilevazione della pressione arteriosa a quelle più “complesse” come la gestione e la somministrazione della terapia.
Ogni singola attività svolta correttamente e con piena cognizione accresce l’autonomia del professionista e della professione, la considerazione dei pazienti e l’accettazione totale nel lavoro d’equipe. Per questo nulla deve essere dato per scontato, a partire dalla formazione che non si conclude con il percorso di laurea, anzi prosegue per tutto l’arco della vita professionale attraverso l’aggiornamento continuo.
Da ultimo non va dimenticato che la conquista dell’autonomia professionale e della responsabilità “positiva” porta con sé doveri giuridici e che quindi per un agire non consapevole l’infermiere risponde davanti alla legge.

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