di Nurse24.it;
In questi giorni si sta accendendo il dibattito sulle vaccinazioni, argomento che negli ultimi anni è stato trattato ovunque: dagli avventori di un bar al quarto bicchiere ai salotti televisivi, dalle corsie di un reparto alle sale d’attesa degli studi medici. Eppure, in questo delicato e importante ambito, non contano le opinioni: contano i fatti, ovvero ciò che la scienza ha sancito nero su bianco.
Essere professionisti sanitari impone fiducia e
comprensione della scienza
Un professionista sanitario ha il dovere deontologico di
informare correttamente i cittadini e di comportarsi seguendo i dettami della
scienza
Due più due fa cinque, la terra è piatta e i vaccini
provocano l’autismo. Cos’hanno in comune queste tre frasi? Sono tutte e tre
false e rappresentano qualcosa che non è. Eppure, mentre molti
si oppongono alla sicurezza delle vaccinazioni, nessuno protesta contro
la lobby delle calcolatrici che fornisce dati inesatti e controllati dal
sistema.
Nella scienza, le opinioni contano gran poco. Il parere degli esperti si trova nei bassifondi della piramide delle evidenze e conta solamente qualora l’argomento in discussione non sia stato studiato con studi metodologicamente più strutturati e forti.
E, in tema di vaccinazioni, questi dati ci sono eccome. Anche per quanto riguarda il tanto discusso vaccino contro il Covid.
Mentre è normale che un non cittadino qualsiasi si ponga
alcune questioni, per un sanitario non è così. Un professionista sanitario non
dovrebbe sollevare il dubbio su sicurezza ed efficacia del vaccino, non
dovrebbe affermare prima lo facciano gli altri e poi vediamo cosa succede,
non dovrebbe affermare come la tecnologia
mRNA sia pericolosa in quanto inietta materiale genetico virale
(affermazione falsa tanto quanto che la terra sia piatta).
Un professionista sanitario, qualora avesse dei dubbi –
peraltro più che legittimi in quanto non si può essere esperti in tutto –
dovrebbe dissiparli facendo una cosa che per lui dovrebbe essere naturale:
studiare
Dovrebbe accendere il pc, collegarsi a PubMed o direttamente
alla pagina del New England Journal of Medicine, il quale pubblica
costantemente articoli scientifici di libero accesso in tema di Covid-19.
In questo modo otterrebbe in qualche minuto tutte le informazioni che
smentiscono quanto detto sopra e quanto in questi giorni si dice praticamente
ovunque in termini di vaccinazioni.
Anche perché al professionista sanitario non dovrebbe essere
spiegato nulla in quanto egli stesso possiede tutti gli strumenti in primo
luogo di ricercare fonti autorevoli (sembrerà strano ma no, la pagina Facebook
che tratta di scie chimiche non lo è) e successivamente per comprendere
quanto scritto nelle evidenze.
Dati, tabelle, testi, intervalli di confidenza, odds ratio: all’università la statistica viene spiegata appunto per questo. Se poi, nonostante la ricchezza dei dati disponibili nella letteratura, il professionista sanitario decide di proseguire nel sostenere e divulgare false informazioni, allora è necessario affrontare la questione con la necessaria durezza.
Perché non si può gridare “al fuoco” in un teatro
affollato
Tutti i professionisti sanitari, indipendentemente dal ruolo
e dall’esperienza, hanno il dovere deontologico di informare
correttamente i cittadini e di comportarsi seguendo i dettami della scienza.
Sia sul luogo di lavoro, sia sui social network, passando per il supermercato e
i gruppi WhatsApp. Questo in quanto, agli occhi del laico, il sanitario
possiede un’autorevolezza in quello che fa e dice.
Se un sanitario afferma che i vaccini
causino l’autismo, che il Covid sia un complotto, che il vaccino che
fermerà questa pandemia in realtà sia tutta una farsa (tutte cose non vere
tanto quanto due più due faccia cinque), qualcuno rischia pure di crederci.
Anzi, qualcuno ci ha già creduto e argomenta le sue opinioni sostenendo come
molti professionisti della salute le supportino.
E questo è un fatto gravissimo, perché gran parte della
colpa del dilagare di tutti questi no-vax e mamme informate (male, a quanto
pare) è nostra. Perché negli anni non siamo riusciti ad estirpare questa quota
di sanitari a dir poco “alternativi”
Nessuno negherà mai loro il diritto sacrosanto di scrivere,
condividere e divulgare le peggiori nefandezze. Ma è giusto che lo facciano al
di fuori di un Ordine e delle corsie degli ospedali, lontano dai malati e, per
coerenza, togliendosi spontaneamente dall’albo cui sono iscritti, il quale
serve per tutelare i cittadini appunto da questi stregoni del terzo millennio.
E, nel caso non lo facciano di loro spontanea volontà, siano
gli ordini stessi a tutelare gli altri professionisti e tutti i
cittadini che dei professionisti sanitari seri e competenti si fidano.
Che non significa fidarsi di coloro che sanno tutto:
significa fidarsi di coloro che credono nella scienza e che in questa trovino
il luogo dove ricercare le risposte alle loro lecite domande. Significa fidarsi
di un sistema che non permette che a diffondere false informazioni in ambito
sanitario siano i professionisti sanitari stessi. Che, nel caso, dovrebbero
essere depennati e allontanati senza indugio dai rispettivi albi.