Secondo il portavoce FNOPI, Tonino Aceti
"se vogliamo dare certezza all'incremento annuale della spesa per il
personale, prevista nella bozza di emendamento "sblocca assunzioni",
questo va blindato attraverso quote predeterminate in valore assoluto a valere
sul Fondo Sanitario Nazionale, così da sottrarla all’incertezza del PIL e alle
possibili 'manine' che potrebbero ritoccare nelle prossime manovre gli
incrementi programmati del FSN"
La bozza di emendamento "sblocca assunzioni" messo
a punto da Ministero della Salute, Ministero della Pubblica amministrazione,
Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalle Regioni, che dovrebbe trovare
spazio in un prossimo e non meglio precisato decreto-legge, introduce elementi
di novità nella spesa pubblica per il personale sanitario, offre la possibilità
di iniziare in parte ad incrementarla, si occupa dell'annosa questione degli
interinali, ma ovviamente non risolve a partire da domani tutti i problemi in
tutte le Regioni delle carenze di personale del SSN, anche con riferimento agli
effetti di “Quota100”.
Questa spesa però potrà essere incrementata annualmente, a
livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell’incremento del Fondo
Sanitario Regionale rispetto all’esercizio precedente.
Ed è proprio su questo aspetto che vorrei concentrare
l'attenzione e offrire un piccolo contributo alla riflessione.
Considerando gli incrementi programmati del Fondo Sanitario
Nazionale per gli anni 2019-2021 previsti nell'ultima legge di Bilancio, cioè
4,5 MLD, l'incremento del 5% della spesa del personale nei prossimi tre anni
ammonterebbe a circa 225 milioni di euro: 50 nel 2019, 100 nel 2020 e 75
nel 2021.
Una cifra che però rischia di essere "ballerina
e fortemente aleatoria" guardando alla storia “deludente e
pericolosa” di mancati e/o parziali incrementi programmati del Fondo Sanitario,
a causa del contributo alla finanza pubblica al quale sono state chiamate le
Regioni negli anni, poi trasformatosi di fatto in un contributo alla finanza
pubblica da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
A riprova di tutto questo, basta riprendere i livelli di
finanziamento del SSN previsti ad esempio dalla Legge di Stabilità 2016 per
gli anni 2017 e 2018 e confrontarli con il finanziamento poi effettivamente
garantito. Avremmo infatti dovuto contare nel 2017 su 113.063 mld, ma in
realtà quelli effettivamente stanziati sono stati 112.577: praticamente oltre
mezzo miliardo di euro in meno. Per il 2018 erano stati programmati
114.998 mld, in realtà però abbiamo potuto contare concretamente su 113.396: oltre
1,5 mld in meno.
La legge di Bilancio 2017, invece, prevedeva per il 2019
un livello di finanziamento pari a 115 mld ma alla fine quelli effettivamente
stanziati sono stati 114.439 (da questo e dal precedente Governo): circa 600
mln in meno.
Visto questo trend, che viene da molto lontano, siamo
proprio sicuri che potremo contare nel 2020 e 2021 proprio su 3,5 mld in più
per il SSN?
Qualche dubbio è legittimo averlo, considerando anche le
stime di crescita zero del nostro PIL nel 2019, diffuse proprio
in queste ore da Confindustria, ma anche guardando il rallentamento dei lavori
di Governo e Regioni per la definizione e la firma del nuovo Patto per la
Salute, che, come previsto dalla legge di Bilancio 2019, deve essere
sottoscritto entro il 31 marzo 2019 (cioè dopodomani) per permettere alle
Regioni di accedere, nel 2020 e 2021, rispettivamente ai 2 mld e 1,5 mld di
incrementi del FSN (rispetto al finanziamento 2019).
Se vogliamo dare certezza alla possibilità di
incrementare annualmente la spesa per il personale sanitario, prevista nella
bozza di emendamento "sblocca assunzioni", non agganciamola ai
possibili-eventuali incrementi del Fondo, ma blindiamola attraverso quote
predeterminate in valore assoluto a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, così
da sottrarla all’incertezza del PIL e alle possibili "manine" che
potrebbero ritoccare nelle prossime manovre gli incrementi programmati del FSN.
Del resto, già finalizziamo una quota di risorse per
l'accesso ai farmaci innovativi e per tutti gli Obiettivi prioritari di Piano
Sanitario Nazionale.
Nel caso specifico, non credo posso risultare
particolarmente difficile concordare sul fatto che il rilancio degli
investimenti sul personale del SSN è in questo momento un
"obiettivo prioritario e strategico del SSN" da raggiungere
sempre.
Ovviamente aumentare gli investimenti è solo una parte del
problema. Rimane molto attuale e appropriata la domanda: aumentare gli
investimenti per il personale, ma per quale modello organizzativo?
Il modello organizzativo al quale pensiamo è quello che
mette al centro e si sviluppa tutto intorno ai vecchi e ai nuovi bisogni della
popolazione, ai diritti dei pazienti e non ad altri interessi che nulla hanno a
che vedere con questi. Un modello che sia in grado di ridurre le attuali
disuguaglianze che sono presenti in alcune aree del Paese, come quelle più
interne e disagiate, valorizzando al meglio le competenze delle professioni, a
partire da quella infermieristica. Questo è il vero cambiamento che va attuato.
In questo senso bene la previsione all'interno della bozza di emendamento
"sblocca assunzioni" dell'adozione di una metodologia per la
determinazione del fabbisogno di personale degli enti del SSN, ma nel
processo di formazione sia garantito il coinvolgimento delle professioni
sanitarie.
Tonino Aceti
Portavoce della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche