31 marzo 2019

Blindiamo le maggiori risorse per il personale trasformandole in somme vincolate del Fondo Sanitario Nazionale



Secondo il portavoce FNOPI, Tonino Aceti "se vogliamo dare certezza all'incremento annuale della spesa per il personale, prevista nella bozza di emendamento "sblocca assunzioni", questo va blindato attraverso quote predeterminate in valore assoluto a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, così da sottrarla all’incertezza del PIL e alle possibili 'manine' che potrebbero ritoccare nelle prossime manovre gli incrementi programmati del FSN"

La bozza di emendamento "sblocca assunzioni" messo a punto da Ministero della Salute, Ministero della Pubblica amministrazione, Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalle Regioni, che dovrebbe trovare spazio in un prossimo e non meglio precisato decreto-legge, introduce elementi di novità nella spesa pubblica per il personale sanitario, offre la possibilità di iniziare in parte ad incrementarla, si occupa dell'annosa questione degli interinali, ma ovviamente non risolve a partire da domani tutti i problemi in tutte le Regioni delle carenze di personale del SSN, anche con riferimento agli effetti di “Quota100”.

Viene previsto che a decorrere dal 2019 il livello di spesa del personale del SSN non possa superare il valore della spesa sostenuta nel 2018, o, se superiore, il valore della spesa del 2004 meno 1,4 per cento.
Questa spesa però potrà essere incrementata annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 5 per cento dell’incremento del Fondo Sanitario Regionale rispetto all’esercizio precedente.
Ed è proprio su questo aspetto che vorrei concentrare l'attenzione e offrire un piccolo contributo alla riflessione.

Considerando gli incrementi programmati del Fondo Sanitario Nazionale per gli anni 2019-2021 previsti nell'ultima legge di Bilancio, cioè 4,5 MLD, l'incremento del 5% della spesa del personale nei prossimi tre anni ammonterebbe a circa 225 milioni di euro: 50 nel 2019, 100 nel 2020 e 75 nel 2021. 

Una cifra che però rischia di essere "ballerina e fortemente aleatoria" guardando alla storia “deludente e pericolosa” di mancati e/o parziali incrementi programmati del Fondo Sanitario, a causa del contributo alla finanza pubblica al quale sono state chiamate le Regioni negli anni, poi trasformatosi di fatto in un contributo alla finanza pubblica da parte del Servizio Sanitario Nazionale. 
A riprova di tutto questo, basta riprendere i livelli di finanziamento del SSN previsti ad esempio dalla Legge di Stabilità 2016 per gli anni 2017 e 2018 e confrontarli con il finanziamento poi effettivamente garantito. Avremmo infatti dovuto contare nel 2017 su 113.063 mld, ma in realtà quelli effettivamente stanziati sono stati 112.577: praticamente oltre mezzo miliardo di euro in meno. Per il 2018 erano stati programmati 114.998 mld, in realtà però abbiamo potuto contare concretamente su 113.396: oltre 1,5 mld in meno.
La legge di Bilancio 2017, invece, prevedeva per il 2019 un livello di finanziamento pari a 115 mld ma alla fine quelli effettivamente stanziati sono stati 114.439 (da questo e dal precedente Governo): circa 600 mln in meno.
Visto questo trend, che viene da molto lontano, siamo proprio sicuri che potremo contare nel 2020 e 2021 proprio su 3,5 mld in più per il SSN?

Qualche dubbio è legittimo averlo, considerando anche le stime di crescita zero del nostro PIL nel 2019, diffuse proprio in queste ore da Confindustria, ma anche guardando il rallentamento dei lavori di Governo e Regioni per la definizione e la firma del nuovo Patto per la Salute, che, come previsto dalla legge di Bilancio 2019, deve essere sottoscritto entro il 31 marzo 2019 (cioè dopodomani) per permettere alle Regioni di accedere, nel 2020 e 2021, rispettivamente ai 2 mld e 1,5 mld di incrementi del FSN (rispetto al finanziamento 2019).

Se vogliamo dare certezza alla possibilità di incrementare annualmente la spesa per il personale sanitario, prevista nella bozza di emendamento "sblocca assunzioni", non agganciamola ai possibili-eventuali incrementi del Fondo, ma blindiamola attraverso quote predeterminate in valore assoluto a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, così da sottrarla all’incertezza del PIL e alle possibili "manine" che potrebbero ritoccare nelle prossime manovre gli incrementi programmati del FSN.
Del resto, già finalizziamo una quota di risorse per l'accesso ai farmaci innovativi e per tutti gli Obiettivi prioritari di Piano Sanitario Nazionale.
Nel caso specifico, non credo posso risultare particolarmente difficile concordare sul fatto che il rilancio degli investimenti sul personale del SSN è in questo momento un "obiettivo prioritario e strategico del SSN" da raggiungere sempre.

Ovviamente aumentare gli investimenti è solo una parte del problema. Rimane molto attuale e appropriata la domanda: aumentare gli investimenti per il personale, ma per quale modello organizzativo?

Il modello organizzativo al quale pensiamo è quello che mette al centro e si sviluppa tutto intorno ai vecchi e ai nuovi bisogni della popolazione, ai diritti dei pazienti e non ad altri interessi che nulla hanno a che vedere con questi. Un modello che sia in grado di ridurre le attuali disuguaglianze che sono presenti in alcune aree del Paese, come quelle più interne e disagiate, valorizzando al meglio le competenze delle professioni, a partire da quella infermieristica. Questo è il vero cambiamento che va attuato. 

In questo senso bene la previsione all'interno della bozza di emendamento "sblocca assunzioni" dell'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del SSN, ma nel processo di formazione sia garantito il coinvolgimento delle professioni sanitarie.


Tonino Aceti
 
Portavoce della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche

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