10 febbraio 2021

Covid, stop a esami e interventi per metà degli italiani. Ritorno alla normalità? Non prima del 2022. “Necessario aumento attività del 45%


Riportiamo di seguito l’articolo del sito ilfattoquotidiano.it, indirizzato a tutto il personale dell'Asst Pini-Cto; 
 
<<Il rinvio delle prestazioni sanitarie è stato di quasi due mesi. Nel 68% dei casi l’appuntamento è stato rimandato sine die. Il primato spetta a gastroenterologia e urologia. Le liste d'attesa hanno accumulato ritardi strutturali e per smaltirle saranno necessarie risorse significative. Nei piani di Speranza c'erano 61mila assunzioni per colmare il gap degli ultimi 10 anni>>.

Tra marzo e dicembre dell’anno scorso 27,9 milioni di italiani che avevano in programma una visita, esame o una operazione in una struttura sanitaria, hanno subito uno o più rinvii. Di questi, circa 13 milioni, si sono invece visti annullare del tutto una o più visite, esami o interventi. “Vi sono sicuramente ripercussioni sullo stato di salute. Il sistema sanitario cerca di trattare adeguatamente i casi urgenti o più gravi” dice Paolo Vineis vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità. Lo scienziato, la mente che analizza curve, andamenti e picchi dell’infezione come epidemiologo, fa riferimento per esempio a diagnosi tardive, per esempio quelle relative ai tumori. A causa dell’emergenza sanitaria gli italiani hanno dovuto fare i conti con rinvii che, dati alla mano, hanno riguardato praticamente tutte le specialità; il primato spetta a gastroenterologia e urologia (rispettivamente con l’81,2% e il 75% di pazienti che hanno subito ritardi o annullamenti su visite, esami od operazioni già programmate), anche patologie molto gravi non sono state esenti da questo fenomeno e, ad esempio, hanno subito ritardi o annullamenti il 61,1% dei pazienti cardiologici e appunto il 47,2% di quelli oncologici.

Secondo il Report Sanità elaborato dalle società di ricerca mUp Research e Norstat (su dati di comparazione assicurativa, commissionati da facile.it) si legge che “mediamente” il rinvio delle prestazioni sanitarie è stato di quasi due mesi (53 giorni), ma il dato ancor più importante è che nel 68% dei casi l’appuntamento è stato rimandato sine die. Le liste d’attesa hanno accumulato ritardi strutturali, per smaltirle saranno necessarie risorse significative, “un esempio tra tutti: per recuperare il volume di attività perso nel 2020 in Piemonte per il solo screening del cancro della mammella (circa 109mila mammografie) sarebbe necessario aumentare del 45% le attività nel 2021 rispetto a quelle del 2019 – continua Vineis – questo incremento è quello che permetterebbe il ritorno ad una situazione pre-covid ad inizio 2022. Si può capire che è un obiettivo molto ambizioso. In un sistema sanitario già altamente provato dall’epidemia temo che ci vorrà molto tempo per recuperare. Non dimentichiamo che dal 2009 al 2017 il Servizio Sanitario ha perso circa 46mila tra medici e infermieri. Vi sono piani del ministro Speranza per colmare questo deficit (sono previste 61mila assunzioni) e anche per riorganizzare l’assistenza, tra l’altro incrementando l’informatizzazione, molto carente”.

Il recupero delle prestazioni perdute è tempo-correlato. Massimo Andreoni, direttore di Infettivologia del Policlinico di Tor Vergata e direttore scientifico Simit (società italiana di malattie infettive), ci spiega che “un trattamento per Epatite C avviato con un ritardo di 6 mesi porterà a 500 decessi in più, fuori scala”, i tempi di ammortizzazione non sono neutri “non solo, la ridotta possibilità di fare screening nel prossimo futuro porterà anche all’aumento di epatocarcinoma e trapianti di fegato”. Il peggioramento degli indici di sopravvivenza è indicativo anche per Antonio Cassone, già direttore di Malattie immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità “i dati dell’Istat relativi al periodo febbraio-novembre 2020 segnalano un eccesso di mortalità rispetto alla media del quinquennio precedente di circa 84mila unità mentre i decessi attribuiti ufficialmente a Covid sono stati nello stesso periodo poco meno di 60mila. Buona parte della differenza è da assegnare all’impatto indiretto che il Covid ha avuto sul mancato controllo di altre patologie, sia come diagnosi che come difficoltà di accesso alle cure”.

A mappare più nel dettaglio le fasce più fragili che hanno subito il contraccolpo più significativo è Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri: “Forte preoccupazione sul prossimo futuro è data dalla ricaduta indiretta del Covid sugli anziani, il peggioramento delle loro condizioni di vita sarà inevitabile come d’altronde il notevole aumento dei carichi economici sulle famiglie”.

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