Articolo del sito nurse24.it, indirizzato a tutti gli infermieri;
Stipendio infermieri, peggio dell'Italia solo Grecia ed Estonia
Parlare di valorizzazione del lavoro quando l’aggiornamento del sistema retributivo è al palo da diversi anni è un paradosso. Vero è che a parole se ne discute spesso (soprattutto in prossimità di elezioni), ma l'eloquenza dei fatti è più tangibile: gli infermieri italiani - quelli che buona parte del mondo ci invidia per preparazione e competenza, quelli che si sono sentiti promettere riconoscenza da più parti durante l'immane sforzo della pandemia - continuano ad essere tra i meno pagati d'Europa. E il 27 del mese continua ad essere il giorno della vergogna.
Non solo stipendi molto al di sotto della media europea (circa 40.513 euro). Gli infermieri italiani sono anche fortemente sottodimensionati. Tradotto: sono pochi, ma lavorano di più guadagnando meno dei colleghi europei. Difficile parlare di innovazione nella pubblica amministrazione se le condizioni sono queste. Così come le parole “rilancio”, “crescita” e “protagonismo dei lavoratori pubblici” stridono alle orecchie di professionisti per i quali nemmeno gli sforzi profusi durante la pandemia da Covid-19 hanno risparmiato promesse da marinaio.
Stridono i livelli retributivi di un OSS di sala operatoria o di terapia intensiva e un infermiere neoassunto o con 10 anni di anzianità di servizio che si differenziano per circa 100 o 120 euro a causa delle fasce economiche bloccate. Stride un premio di indennità di specificità infermieristica slegato da una riforma del sistema classificatorio e da un livello comparativo di retribuzione dei colleghi europei. Stridono i proclami di istituzioni ordinistiche che si ergono a parasindacati calvalcando le onde emotive del momento e stridono i mantra dei sindacati, che continuano a propinare la nenia del per il rinnovo del contratto le risorse economiche sono limitate.
È il momento di smettere di fissare il dito al posto della luna. Come? Partire dagli infermieri per ridefinire i livelli di retribuzione in tutti i profili sanitari e in tutti i livelli economici, ad esempio. E ancora: rivedere la classificazione del personale tenendo presente i livelli di acquisizione di competenze, formazione ed esperienza che garantiscano passaggi di livelli retributivi coerenti con gli sforzi e gli apporti profusi nei livelli di attività. Insomma, uscire dalla condizione di confronto impietoso nel contesto europeo.
Parlare di valorizzazione del lavoro quando l’aggiornamento del sistema retributivo è al palo da diversi anni è un paradosso. Vero è che a parole se ne discute spesso (soprattutto in prossimità di elezioni), ma l'eloquenza dei fatti è più tangibile: gli infermieri italiani - quelli che buona parte del mondo ci invidia per preparazione e competenza, quelli che si sono sentiti promettere riconoscenza da più parti durante l'immane sforzo della pandemia - continuano ad essere tra i meno pagati d'Europa. E il 27 del mese continua ad essere il giorno della vergogna.
Non solo stipendi molto al di sotto della media europea (circa 40.513 euro). Gli infermieri italiani sono anche fortemente sottodimensionati. Tradotto: sono pochi, ma lavorano di più guadagnando meno dei colleghi europei. Difficile parlare di innovazione nella pubblica amministrazione se le condizioni sono queste. Così come le parole “rilancio”, “crescita” e “protagonismo dei lavoratori pubblici” stridono alle orecchie di professionisti per i quali nemmeno gli sforzi profusi durante la pandemia da Covid-19 hanno risparmiato promesse da marinaio.
Stridono i livelli retributivi di un OSS di sala operatoria o di terapia intensiva e un infermiere neoassunto o con 10 anni di anzianità di servizio che si differenziano per circa 100 o 120 euro a causa delle fasce economiche bloccate. Stride un premio di indennità di specificità infermieristica slegato da una riforma del sistema classificatorio e da un livello comparativo di retribuzione dei colleghi europei. Stridono i proclami di istituzioni ordinistiche che si ergono a parasindacati calvalcando le onde emotive del momento e stridono i mantra dei sindacati, che continuano a propinare la nenia del per il rinnovo del contratto le risorse economiche sono limitate.
È il momento di smettere di fissare il dito al posto della luna. Come? Partire dagli infermieri per ridefinire i livelli di retribuzione in tutti i profili sanitari e in tutti i livelli economici, ad esempio. E ancora: rivedere la classificazione del personale tenendo presente i livelli di acquisizione di competenze, formazione ed esperienza che garantiscano passaggi di livelli retributivi coerenti con gli sforzi e gli apporti profusi nei livelli di attività. Insomma, uscire dalla condizione di confronto impietoso nel contesto europeo.