19 luglio 2020

Sempre più infermieri pensano di abbandonare la professione


Articolo del sito: nurse24.it; 

Un numero crescente di personale infermieristico sta pensando di abbandonare la professione e molti citano la retribuzione come motivo. È quanto emerge da una survey condotta dal Royal College of Nursing, dalla quale spicca anche che le tensioni esistenti tra gli infermieri sembra siano state esacerbate dalla crisi di Covid-19. 

Lo stipendio tra i motivi della volontà di lasciare la professione 

Un sondaggio condotto su 41.798 membri del personale infermieristico del Regno Unito dal Royal College of Nursing (RCN) ha rilevato che il 73% afferma che un salario più elevato li farebbe sentire più apprezzati. Più di uno su tre (36%) sta pensando di lasciare il proprio posto di lavoro (un sondaggio simile condotto a fine 2019 registrava il 27%). 

Perché gli infermieri vorrebbero lasciare il lavoro 

Tra coloro che pensano di lasciare il lavoro, il 61% ha citato la retribuzione come motivazione chiave; altri fattori emersi sono il modo in cui gli infermieri sono stati trattati durante la pandemia di Covid-19, la situazione cronica di carenza di personale e la mancanza di supporto gestionale. 

Di tutti gli intervistati (il 93% erano infermieri) circa il 73% ha lavorato nel servizio sanitario nazionale (NHS); alla domanda su cosa farebbe sentire gli infermieri più apprezzati, il 73% degli intervistati ha indicato "una retribuzione più elevata". Questo ha riguardato tutto il personale in ogni settore della salute e dell'assistenza sociale. Inoltre, la metà degli intervistati ha affermato che anche un miglioramento delle dotazioni di organico contribuirebbe a farli sentire più apprezzati e, a seguire, condizioni di lavoro sicure e attrezzature e DPI adeguati. 

Nel complesso, il rapporto afferma che la maggioranza degli infermieri afferma l'importanza di una retribuzione commisurata al loro livello di responsabilità, soprattutto a fronte dell'emergenza Covid-19 durante la quale si sono trovati a lavorare a un livello più elevato di responsabilità (spesso senza i dispositivi di protezione individuale idonei) senza che questo venisse loro riconosciuto in termini economici. 

10 luglio 2020

La quiete dopo la tempesta. Forse!

Articolo del sito: nurse24.it; 

Il COVID-19 ci ha colpito all’improvviso, assestando un bel destro alla bocca dello stomaco del sistema sanitario. Abbiamo barcollato, siamo caduti in ginocchio, l’arbitro ha cominciato a contare, ma poi ci siamo rialzati. Abbiamo utilizzato le nostre risorse più intime, la nostra competenza professionale, le nostre capacità sociali, abbiamo dimostrato quello che in gergo calcistico chiamerebbero “attaccamento alla maglia”. Di fatto, però, abbiamo sopperito a delle mancanze e ci siamo fatti carico di fardelli lasciati per anni a giacere nello scantinato del sistema sanitario. Ora che la tempesta sembra essere passata e che l’attenzione mediatica piano piano si sta catalizzando verso altri problemi che probabilmente caratterizzeranno gli anni a venire, siamo più che mai esposti al rischio di fallire clamorosamente come categoria professionale e come sistema in generale.

Riorganizzare il sistema sanitario è un obbligo soprattutto morale

Sembra passata un’eternità eppure, calendario alla mano, sono trascorsi solamente quattro mesi dall’inizio della pandemia che ha colpito e stravolto il nostro Paese. Centoventi giorni in cui si è detto e fatto di tutto, enfatizzato e mitizzato il lavoro dei sanitari, ricostruito l’orgoglio nazional-popolare, preso coscienza di un sistema sanitario per troppo tempo lasciato alla deriva, sbandierato proclami politici di ripartenze più o meno improbabili dell’economia e sacrifici, sacrifici da parte dei cittadini ed enormi sacrifici da parte di chi ha combattuto in prima linea un nemico tanto infame quanto invisibile.

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