L'attuale quadro normativo della Professione è assolutamente
chiaro nel descrivere il profilo di responsabilità richiesto all'infermiere. È
tuttavia evidente che nella prassi quotidiana non sempre il professionista
risponde al suo mandato prioritario o è messo in condizioni di farlo, ovvero
essere il responsabile dell'assistenza infermieristica.
Tale responsabilità si esplica non solo attraverso la pianificazione dei percorsi degli assistiti, non solo nel definire interventi ed esiti a fronte di un problema, ma anche nel processo di attribuzione al personale di supporto.
Tale responsabilità si esplica non solo attraverso la pianificazione dei percorsi degli assistiti, non solo nel definire interventi ed esiti a fronte di un problema, ma anche nel processo di attribuzione al personale di supporto.
L’utilizzo improprio di figure professionali, sia del tempo/lavoro di questi, sia delle competenze specifiche del professionista, si profila spesso come un effettivo demansionamento, che merita tutto l'interesse della comunità professionale per capire, con una analisi coraggiosa e intellettualmente onesta, come e dove intervenire.
Cosa è definibile
demansionante?
Il fenomeno del demansionamento deve essere chiaramente
identificato.
È necessario fare chiarezza e nel contempo mettere in
evidenza la distorsione che si opera quando l’attenzione è centrata sulla
prestazione, anziché sulla certificazione di un problema e sulla responsabilità
degli esiti, che rendono quell’intervento di pertinenza di un professionista
specifico.
In questo senso è utile fare una distinzione:
Il Demansionamento legato ad atti che non comprendono la
persona. Ogni volta che noi infermieri andiamo a compiere atti che non
comprendono direttamente l’assistenza alla persona quando potrebbero essere
eseguiti da altre figure e quando ci distolgono in quota prevalente
dall'assistenza diretta, possiamo parlare di atti demansionanti.
Quando invece analizziamo l'atto che coinvolge la persona
cosa è definibile semplice o complesso? Attinente o no alla professione? Non
può essere un ragionamento sull'atto ma un ragionamento sulla persona e ciò di
cui ha bisogno. Se pensiamo alle prestazioni dell’assistenza di base, ovvero
tipiche dell’accudimento della persona, queste devono essere normalmente
attribuite al personale di supporto, ma solo dopo valutazione infermieristica,
rientrando comunque nel processo di assistenza governato dall’infermiere. Se
queste prestazioni devono essere svolte dall’infermiere, potremmo parlare di
demansionamento, a meno che le condizioni o i problemi complessivi di un certo
paziente non richiedano competenze superiori anche per queste prestazioni
dell’assistenza di base (es. pulizia del cavo orale in soggetto
politraumatizzato). Non è quindi corretto ridursi ad una serie di prescrizioni
positive o negative generali, ma dobbiamo essere in grado di analizzare ogni
singolo caso su cui manteniamo la responsabilità assistenziale, non
chiedendo all'organizzazione di “evitare” l'atto che noi riteniamo
demansionante in quanto tale, ma chiedere di poter esprimere la nostra
professionalità (in termini di strumenti, modelli e risorse umane) che andrà a
definire dopo una nostra valutazione se quell'atto:
A) serva davvero
B) è opportuno che sia fatto da noi
C) è attribuibile.
Il Professionista non si identifica nell’atto ma nella
certificazione di un problema e nella certificazione degli esiti che rendono
quell’atto esigibile dal professionista stesso.
L'organizzazione del
lavoro
Il demansionamento è un fenomeno da analizzare internamente
alle singole organizzazioni data l'enorme varianza di modelli organizzativi,
gestionali e assistenziali, che esistono in ogni singola Azienda. Più che un
livello centrale devono essere gli OPI Provinciali o le OOSS locali, ad
intervenire nelle tutele professionali e sindacali. Su questo ambito la FNOPI
si impegna ad inserire la tematica nell'Osservatorio “Lavoro e occupazione”
Devono quindi necessariamente essere considerati come
campanelli d’allarme da non ignorare e su cui intervenire: le Strutture a bassa
intensità sprovviste di personale di supporto; i setting in cui si producono
piani di lavoro rigidi e troppo specifici su attività professionali; i modelli
funzionali e per compiti; le sostituzioni di personale tra qualifiche e ruoli
diversi per soddisfare criteri quantitativi di presenza e non qualitativi, in
quanto manca una chiara definizione dello skill mix individuata a fronte di
altrettanto chiari obiettivi professionali.
Su questo la Federazione lancia un chiaro appello e monito a
tutti i colleghi che hanno la responsabilità di intercettare ed arginare il
fenomeno.
È infine opportuno che si inizi una riflessione
sull'opportunità di allontanarsi come professionisti da determinati setting
dove l'assistenza infermieristica potrebbe essere non necessaria e quindi,
automaticamente, diventare “altro”. Anche in questo caso, quindi, la vera
strategia è iniziare un percorso di condivisione con la nostra linea dirigente,
ma anche culturale con tutta il sistema salute per un paradgima socio sanitario
che inizia a spostare seriamente e fattivamente il focus assistenziale
dall'ospedale al territorio e a modelli a bassa intensità a gestione
infermieristica.
Il Problema Culturale
Il fenomeno del demansionamento non può essere comunque
semplificato con una serie di prescrizioni generali ed è molto legato ad una
questione culturale e di identità disciplinare. Noi infermieri dovremmo portare
come prima motivazione alla contestazione di attività definibili demansionanti
il doveroso rispetto delle norme, adducendo come prioritario il distoglimento
dal governo del processo di infermieristico. Se come detto i nostri colleghi
Dirigenti e Coordinatori posseggono la leva strategica per impattare sul
fenomeno attraverso l'impianto di modelli organizzativi idonei, questi devono
però trovare un terreno fertile di accoglimento tra i colleghi clinici,
trovando percorsi di condivisione e di sostegno reciproco per nuovi modelli
valorizzanti la professione e rispondenti ai bisogni dei nostri assistiti.
La formazione
universitaria
Il fenomeno deve essere inquadrato partendo anche dalla
formazione dell’infermiere e dai modelli di tirocinio utilizzati, soprattutto
nel primo anno, spesso ancora orientati ad un percorso meramente
tecnico-esperienziale. Chi ha responsabilità di direzione formativa deve
investire sulla presenza di tutor clinici competenti, che orientino da subito
lo studente a sviluppare abilità pianificatorie, competenze relazionali, capacità
valutative, discernimento clinico-assistenziale. I programmi dei singoli Corsi
di Laurea devono far sì che il demansionamento, in altre parole, venga
eliminato al suo nascere.
Anche questo aspetto necessita di un percorso di
consapevolezza e di cambiamento culturale con tutta la nostra famiglia
professionale. La FNOPI si impegna ad inserire la tematica nell'osservatorio
“Formazione e Ricerca”.
Il nostro
percorso
Il percorso che la FNOPI intende avviare passa quindi, per
prima cosa, attraverso l'interlocuzione negli Osservatori,
Gruppi di lavoro e Cabina di regia, perché ognuno contribuisca ad
analizzare per il proprio livello di ruolo e responsabilità il fenomeno, per
proseguire presso gli OPI e attraverso loro negli Atenei e nelle Aziende.
Il primo passo deve essere altresì quello di sdoganare il
demansionamento come una problematica che appartiene solo ad alcune correnti di
pensiero e che negli anni è diventato un elemento di contrapposizione interno
alla professione. Il fenomeno appartiene a tutti noi, va affrontato tutti
insieme a partire da un movimento di libero confronto e dibattito culturale,
non banalizzandolo ma studiandolo nella complessità che lo caratterizza.
Per questo la FNOPI si impegna a considerare il
demansionamento come un tema costante nella sua agenda di confronto, analisi e
proposte su più livelli anche per individuare forme concrete di
intervento.
Scritto da: il Comitato Centrale FNOPI